Il compito di questa settimana recita:
«Se uno dei tuoi eroi venisse da te e ti dicesse: "Insegnami le cose più importanti che sai", tu cosa gli risponderesti?»
Ci ho riflettuto abbastanza a lungo. Dapprima ho tentato una cernita dei migliori adagi popolari, poi ho selezionato motti di spirito e li ho parafrasati, quindi ho preso sul serio i buoni consigli e poi li ho parodiati perché una vera signora non segue i cattivi consigli: li precede, ho persino ipotizzato un decalogo, un manifesto o almeno un programma di governo.
Insoddisfatto, ho interpretato il compito in chiave più accademica, e mi sono messo lì di buona lena a setacciare le nozioni veramente importanti per separarle da quelle di cui si può fare a meno. Ne stava venendo fuori un encomio dei cuscinetti a sfera e del loro ruolo nello sviluppo industriale in età moderna; “poco eroico” mi sono detto.
Dopo alcune ore di meditata ponderazione ho realizzato che non era tanto un’informazione che dovevo dare al mio eroe, né un metodo, né qualcosa che gli mancasse, né l’esempio paradigmatico di qualcosa che so fare davvero molto bene: tutte queste cose lo renderebbero poco eroico ai miei occhi; eppure cosa altro si potrebbe insegnare oltre a nozioni, metodo, pratiche ed esempi? In cosa sono abbastanza maestro da potermi permettere di fare da insegnante? Qui la folgorazione: le cose più importanti che so sono trucchi e segreti del mestiere, che sono la sintesi singolare di nozioni ben apprese, un metodo ben applicato, una pratica ben eseguita e un esempio ben presentato.
Mio caro eroe,
certamente ti sarà capitato di prenderti una sbronza, in vita tua, e vederti costretto a cacciare due dita in bocca per liberare lo stomaco. Così, con pazienza e attenzione, stavi lì a trafficare con la tua epiglottide, a solleticarla per ottenere il vomitevole effetto.
Mi domando poi se tu abbia mai provato, nuotando sott’acqua ad esempio, mentre inseguivi un pesce o cercavi un riccio nascosto tra gli scogli, a superare i limiti della tua apnea e forzare la tua capacità polmonare per un po’ di scuba diving.
Quanto a lungo hai resistito ginocchioni quando d’estate, con i calzoni corti, una panca di legno ruvido ti grattugiava la pelle mentre qualcuno salmodiava il signore è il mio pastore o t’impartiva le avemarie di penitenza? Quanta abnegazione per una fede così incomprensibile ai tuoi occhi?
Tutto il resto, mio caro, è ritmo, è dosaggio e scansione, è empatia, è presentazione e contorno, cose che si apprendono con la pratica quotidiana; non segreti del mestiere ma operazioni di marketing.
Controlla la tua epiglottide dunque, e sii padrone dello stimolo gastrico; respira quando emergi e poi torna al piacevole inseguimento; escludi ogni sensazione di dolore mentre l’animo si volge ad un mistero più alto; esegui tutto come se fosse la marcia trionfale dell’Aida in un assolo alla Scala. Il regista sei tu. Per un buon pompino non serve altro.
Etichette: brezsny, eroi, lettera, pompino