#20 - Senza Veli
Il compito di questa settimana recita:
«Scriviti una lettera d'amore bella e lunga»
…d’altronde se non ci pensa nessun altro…
Con te già l’incipit è difficile. Qualsiasi “Caro” o “Carissimo” ti rimanderebbe alla pubblicità della coop; so che penseresti all’ambiguità economica del termine e affermeresti con stizzita perentorietà che “venticinque euro per un signor pompino è un prezzo da svendite per cessazione attività!”
E con questa esplicitazione il problema dell’incipit l’abbiamo superato – bisogna sempre andare al livello metadiscorsivo, vero? Godi nel rendere la vita difficile agli altri o cosa? – ma mi tocca scrivere, a te, una lettera d’amore, e bella per giunta. Scrivere a te che sulla porta avvisi gli incauti pretendenti con un biglietto rosa: “Quel che ancora si chiama “amore” non è altro che il feticismo legato ad una merce particolare: la merce umana”. Furia misantropica e spocchiosa.
No, tu l’amore non lo vuoi. Non sono né le coccole rituali né labbra bollenti sul collo, non sono morsi appassionati sui capezzoli né stare avvinghiati su un letto profumato. So bene che tutto questo è solo l’imprescindibile conditio erotica sine qua non. È per questo che ti amo, per la sensualità elaborata che promani, la sensualità di un quadrato bianco su fondo bianco. Ogni gesto è il frutto di una combinatoria di elementi formali in cui ogni significante è trattato come le parole dalle quali estrai polisemie impreviste, suggestioni insperate, fantasmi. L’amore per te è un gioco linguistico, un esercizio di stile, una favola che attende di essere trasformata in mito. Su questo terreno io stesso – io/te – non sono in grado di vincerti e conquistarti; posso al più strapparti un sorriso compiaciuto.
Questa lettera d’amore sta diventando la lettera di un disperato che si guarda allo specchio con ironia angosciata. Anzi no: sei così perverso da impedire che l’angoscia sopravvenga, che il dramma si svolga, che si arrivi ad una qualche catarsi. Il tuo compiacimento intellettuale deforma la faccia in una maschera sardonica. Il sadico e il masochista s’incontrano e continuano a scambiarsi i ruoli. Vertigine etica e abisso di nefandezze. È per questo che ti amo, perché sei un’inezia moltiplicata e deformata in mille modi, fino ad occupare gli spazi siderali e gli interstizi subatomici. Incontenibile sia nella direzione dell’infinitamente piccolo che verso l’infinitamente grande, manchi di senso della misura. Arrenditi: non sei ancora un mito. Non sei neppure in grado di scriverti una lettera d’amore. Cosa ci vuole a snocciolare enciclopedicamente tutti i tuoi pregi, a esaltarli poeticamente per poi precipitarli abilmente nella monnezza dicendo che ad elogiare e amare i pregi sono bravi tutti ma poi – e citeresti Rilke – è dei difetti che ci s’innamora? Cos’è una lettera d’amore se non ancora una combinazione sapiente di elementi minimi accostati artigianalmente fino a quando non assumono senso dando l’illusione di restituire qualcosa a chi legge? Solo un altro prodotto letterario… No, non è questo che scalderà il tuo cuore.
Se fossi pessimista diresti che esso batte pleonasticamente. L’umorista in te direbbe che no: il cuore batte perché repetita juvant. L’analista osserverebbe che sistole e diastole non sono che un’endiadi. Ma no, le potresti combinare in una simploche, e via retorizzando… È questo il difetto che amo di te, che a discapito di tutti i tuoi giochi di parole non sai dire che quelli sono tutti tentativi di strappartelo via per donarlo a qualcuno. Bisogna essere te stesso per simpatizzare con la tragedia e l’eroismo di questa cosa. È per questo che hai rinunciato all’amore, perché in fondo non sei un comunicatore.
Adesso però per favore non piangere
non farne un dramma patetico
ripetiti
ricordati
che è un dono
che non potresti vivere neppure
se non ci fosse
in te
questa tensione etica a trasformare tutto in un gigantesco scambio di doni
e di cuori
e non pensare a
Mauss LéviStrauss Malinowski Bourdieu
Sanvalentino è stata l’occasione perché ti potessi regalare questa riflessione. Stropicciati un po’ gli occhi, sorridi un po’ meno sardonicamente. Ti amo.
Dio te ne sarà grato e chissà, potresti anche finirci invischiato in una strana storia. Fra l’altro Dio scopa da dio. Fidati.
Etichette: amore, brezsny, dono, eroi, frammenti di diario mitico, lettera, mito
2 Comments:
non è il mondo che ha bisogno di eroi, ma gli eroi che hanno bisogno del mondo....
ad ogni modo, io, che non sono un eroe, mi arrogo qui il diritto di rappresentare il mondo (o, quanto meno, una parte di esso) che è felice di aver bisogno del suo eroe
Non so se hai visto che la tua proposta ha avuto seguito. C'e' persino il simbolino dell'MVC ;)))
Guarda un po' che sta succedendo...
QUI
ciao
FikaSicula
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