#6 - Furto d'Autore
Prendo un treno: vo a Firenze dove mamma m’attende. Salgo sul treno e leggo. Leggo, perché i treni sembran fatti a bella posta per far leggere, o per origliare i discorsi dei co-viaggiatori e delle co-viaggiatrici, ma stavolta non c’era nulla da origliare e quindi leggo. Leggo [e vi prego di notare l’epanadiplosi dell’anadiplosi] uno di quei Libri Che Da Tanto Tempo Ho In Programma Di Leggere, un romanzo di un tale Calvino, un romanzo sul piacere di leggere –così lo descrive l’autore.
[…]
“C’è un vento raso terra che trascina con folate di nevischio gli ultimi residui del mondo sparito: un grappolo d’uva matura che sembra colta adesso dal tralcio, una scarpina di lana per neonato, un giunto cardanico ben oliato, una pagina che si direbbe strappata a un romanzo in lingua spagnola con un nome di donna: Amaranta. Era pochi secondi fa o molti secoli che tutto ha cessato d’esistere? Ho già perso il senso del tempo.”
Il treno entra in stazione, uno scontrino della coop mi fa da segnalibro e il tascabile torna nella tasca della giacca.
Scendo. Mamma. Shopping.
Ed eccomi a mettere e dismettere pantaloni a zampa, pantaloni senza zampa, pantaloni a stringere come vanno di moda adesso, pantaloni jeans, pantaloni di lana, lino, cotone, misto, fustagno, acrilico, sintetico e velluto. Togli la camicia, prova questa maglietta, come sta? Dolcevita, girocollo, collo a V, colletto. Dentro: cotone; fuori: lana. Manica lunga, mezza manica, tre quarti di manica, senza manica… canottiera!
- Canottiera? Dico: ma vi sembro Querelle di Brest? Al massimo sono la maîtresse del bordello!
- Ah, vuoi provare la lingerie per signora?
Delizioso il set di pizzo nero, oro e viola, calze reggicalze guepière baby-doll senza mutandine, ma questa proposta esiste solo nei miei sogni beati, e così proseguiamo come un fiume in piena di boutique in megastore travolgendo i commessi/schiavi che si frappongono tra noi e quella merce che pare essere l’oggetto del desiderio ma non lo soddisfa mai –noi, però, soddisfiamo casse.
Fino alla scoperta del delitto, della somma nefandezza, l’iniquità paradigmatica, l’atrocità infame, un misfatto scellerato, un crimine indebito, reato molesto, atto per lo meno inopportuno perpetrato ai miei danni, a me, ragazza di campagna (ancorché nobile) che vivo quasi ritirata e fuor che funzioni religiose, tridui, novene, lavori dei campi, trebbiature, vendemmie, fustigazioni di servi, incesti, incendi, impiccagioni, invasioni d'eserciti, saccheggi, stupri, pestilenze, reality nulla so né ho visto della violenza mondana! Poffardincibacco, arcipuffolina e anche perdindirindina se una notte d’inverno un viaggiatore è scomparso! Certamente rapito, il tascabile non è più nella sua tasca. Tutto ha cessato d’esistere, ho perso il senso del tempo… e poi? Ma a poco vale piangersi addosso, e allora Alt! Dietrofront! Tornare sui propri passi. Fiume: controcorrente! Che si sia smarrito il viaggiatore? Di megastore in boutique, di cassa in commesso, fino ai camerini di prova, passo al setaccio le vie dello shopping con disperazione crescente, oppresso dall’immagine di una crosta bianca su cui un vento raso terra trascina un grappolo d’uva. Ma nessuno l’ha visto. Se una notte d’inverno un viaggiatore non c’è… è tardo pomeriggio, tra poco prendo un treno. Che farò se non leggerò? Datemi il finale, voglio un finale, un finale qualsiasi, purché il libro finisca.
Una libreria mi salverà, mi dico. Alla prima il libro non c’è: terminato. Poi: mai avuto. Chi non tratta la casa editrice per ragioni politiche, chi non ordina il libro perché non si vende, chi l’ha da qualche parte in magazzino… ma non riusciamo a trovarlo. Sì, l’ultima copia… fallato. No: finito, esausto, esaurito, estinto. La maledizione stessa del libro sembra perseguitarmi accanita. E resto così: tronco, senza un finale.
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“C’è un vento raso terra che trascina con folate di nevischio gli ultimi residui del mondo sparito: un grappolo d’uva matura che sembra colta adesso dal tralcio, una scarpina di lana per neonato, un giunto cardanico ben oliato, una pagina che si direbbe strappata a un romanzo in lingua spagnola con un nome di donna: Amaranta. Era pochi secondi fa o molti secoli che tutto ha cessato d’esistere? Ho già perso il senso del tempo.”
Il treno entra in stazione, uno scontrino della coop mi fa da segnalibro e il tascabile torna nella tasca della giacca.
Scendo. Mamma. Shopping.
Ed eccomi a mettere e dismettere pantaloni a zampa, pantaloni senza zampa, pantaloni a stringere come vanno di moda adesso, pantaloni jeans, pantaloni di lana, lino, cotone, misto, fustagno, acrilico, sintetico e velluto. Togli la camicia, prova questa maglietta, come sta? Dolcevita, girocollo, collo a V, colletto. Dentro: cotone; fuori: lana. Manica lunga, mezza manica, tre quarti di manica, senza manica… canottiera!
- Canottiera? Dico: ma vi sembro Querelle di Brest? Al massimo sono la maîtresse del bordello!
- Ah, vuoi provare la lingerie per signora?
Delizioso il set di pizzo nero, oro e viola, calze reggicalze guepière baby-doll senza mutandine, ma questa proposta esiste solo nei miei sogni beati, e così proseguiamo come un fiume in piena di boutique in megastore travolgendo i commessi/schiavi che si frappongono tra noi e quella merce che pare essere l’oggetto del desiderio ma non lo soddisfa mai –noi, però, soddisfiamo casse.
Fino alla scoperta del delitto, della somma nefandezza, l’iniquità paradigmatica, l’atrocità infame, un misfatto scellerato, un crimine indebito, reato molesto, atto per lo meno inopportuno perpetrato ai miei danni, a me, ragazza di campagna (ancorché nobile) che vivo quasi ritirata e fuor che funzioni religiose, tridui, novene, lavori dei campi, trebbiature, vendemmie, fustigazioni di servi, incesti, incendi, impiccagioni, invasioni d'eserciti, saccheggi, stupri, pestilenze, reality nulla so né ho visto della violenza mondana! Poffardincibacco, arcipuffolina e anche perdindirindina se una notte d’inverno un viaggiatore è scomparso! Certamente rapito, il tascabile non è più nella sua tasca. Tutto ha cessato d’esistere, ho perso il senso del tempo… e poi? Ma a poco vale piangersi addosso, e allora Alt! Dietrofront! Tornare sui propri passi. Fiume: controcorrente! Che si sia smarrito il viaggiatore? Di megastore in boutique, di cassa in commesso, fino ai camerini di prova, passo al setaccio le vie dello shopping con disperazione crescente, oppresso dall’immagine di una crosta bianca su cui un vento raso terra trascina un grappolo d’uva. Ma nessuno l’ha visto. Se una notte d’inverno un viaggiatore non c’è… è tardo pomeriggio, tra poco prendo un treno. Che farò se non leggerò? Datemi il finale, voglio un finale, un finale qualsiasi, purché il libro finisca.
Una libreria mi salverà, mi dico. Alla prima il libro non c’è: terminato. Poi: mai avuto. Chi non tratta la casa editrice per ragioni politiche, chi non ordina il libro perché non si vende, chi l’ha da qualche parte in magazzino… ma non riusciamo a trovarlo. Sì, l’ultima copia… fallato. No: finito, esausto, esaurito, estinto. La maledizione stessa del libro sembra perseguitarmi accanita. E resto così: tronco, senza un finale.
Etichette: letterario
2 Comments:
ma in fondo, che farsene di un finale già scritto?
riscriverlo a modo proprio...così mi piace...penso e ripenso, scrivo e riscrivo..ed ecco
un ultimo balzo e sono da te!
sei qui, di fronte a me, sorridente, con lo scintillio dorato degi occhi, il tuo piccolo viso un po' arrossato dal freddo
sei proprio tu!
ogni volta che passo di qua t'incontro!
non mi dirai che passi le giornate a passeggio!
senti, conosco un caffè qui all'angolo, pieno di specchi, con un'orchestra che suona dei valzer...m'inviti?
ps:scusa se non ti ho chiamato...ti chiamo domani...e ti spiego....
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